Il Tribunale di Roma ha negato il risarcimento ad un medico libero professionista, vittima di azioni di concorrenza sleale, dichiarando: 

l’inapplicabilità tout court del regime di responsabilità da concorrenza sleale ai rapporti tra liberi professionisti

Il fatto si è verificato quando il professionista uscente, proprietario e titolare dello studio affittato a due colleghi subentranti, ha iniziato ad eseguire delle azioni ostruzionistiche ai danni di quest’ultimi. Inizialmente l’ex proprietario della struttura aveva chiesto di poter mantenere i rapporti con la sua clientela, circa 700 pazienti, la continuità d’uso dei ricettari e degli stessi locali già ceduti. I colleghi subentranti, avevano collaborato durante l’ultimo anno di attività con il professionista uscente, proprio in vista del fatto che avrebbero esercitato in uno studio già avviato da anni.

Sicuramente non si aspettavano un simile comportamento dell’ex-proprietario, che ha iniziato a indirizzare la clientela verso altri studi aprendo un analoga attività in un locale adiacente.

I Giudici del Tribunale di Roma si sono rifatti ad una sentenza della Cassazione del 2005, in cui si affermava che:

pur essendo innegabile che, sotto il profilo meramente ontologico, studi di liberi professionisti siano, di fatto, per personale, mezzi tecnici impiegati e quant’altro, assimilabili ad una azienda

Inoltre la legislazione nazionale sulla concorrenza non è assimilabile a quella europea, quindi i liberi professionisti non possono invocare, in materia di concorrenza sleale, l‘articolo 2598 del Codice Civile.

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